BIODIVERSITA’ E PASSIONE PER LA VITICOLTURA VENEZIANA
Mestre 14 Settembre 2019- Grazie alle meravigliose condizioni meteo di questi giorni che dovrebbero riproporsi anche per tutta la prossima settimana, la vendemmia procede con grande tranquillità e questo consente di lavorare bene in campagna ma soprattutto in cantina. Sono un migliaio le aziende vitivinicole nel veneziano impegnate in vendemmia per far fronte ai 3000 ettari complessivamente coltivati con uva da vino dove senza dubbio predominano le varietà a bacca bianca: il glera la fa da padrone con quasi 900 ettari dedicati, seguita dal Pinot grigio con 813 ettari, Chardonnay con 111 ettari, Tocai con 81 ettari e verduzzo con oltre 50 ettari.
I rossi invece occupano un terzo della produzione totale con principalmente il Merlot che occupa oltre 250 ettari, il cabernet con 200 ettari seguiti da raboso e refosco. Altre varietà minori quali l’Incrocio Manzoni, le malvasie, il carmenére sono considerati peculiarità del territorio meno diffusi ma comunque caratterizzanti. La maggior parte degli ettari sono rivendicati a Denominazione di Origine Controllata (DOC) o Indicazione Geografica Tipica (IGT) e solo una piccola parte venduta come vino da tavola.
Rispetto alla vendemmia 2018 che era stata generosissima sotto il profilo produttivo, quella di quest’anno, presenta produzioni che rientrano nella norma di valori statistici di lungo periodo.
Entro martedì le varietà a bacca bianca saranno tutte raccolte, fa eccezione il Prosecco che per sua caratteristica presenta una maturazione tardiva e quindi proprio in questi giorni è iniziata la raccolta. “Lo stato delle uve è perfetto sia sotto il profilo della maturazione sia sotto quello fitosanitario, quindi si preannuncia una qualità eccellente” afferma il presidente di Coldiretti Venezia Andrea Colla.
Va specificato che nel Veneto Orientale, che rappresenta la più importante zona viticola della provincia di Venezia, il 12 luglio purtroppo c’è stata una grandinata che ha interessato un territorio vasto provocando danni che, in alcuni casi, hanno determinato la perdita del 100% della produzione.
Il ridimensionamento delle produzioni d’uva sta anche vivacizzando il mercato del vino che, a causa dell’abbondante produzione dello scorso anno, era un po’ fiacco.
“Io punto tutto sulla qualità- afferma Bragato Vittorino, produttore di Ceggia – “Per soddisfare il consumatore italiano dal palato fino è necessario puntare sulla biodiversità facendo notare e risaltare i profumi del territorio, facendo diversificazione varietale mettendoci creatività coinvolgendo i clienti in serate di degustazione, studiando anche il packaging accattivante- continua Bragato che non trascura comunque di evidenziare i costi legati agli adempimenti amministrativi che caratterizzano i trasporti verso l’estero: “non c’è giorno in cui i turisti vengano in cantina con il desiderio di ricevere il nostro vino direttamente a casa ma per chi desidera piccole quantità i costi di tasse e spedizione incidono notevolmente”.
Un dato che non può essere trascurato è la presa di coscienza da parte dei nostri viticoltori dei temi legati alla sostenibilità ambientale. Le aziende con superfici importanti si sono dotate di modernissime stazioni meteo che oltre a monitorare le condizioni del tempo elaborano schemi per la difesa della vite che consentono di ridurre e ottimizzare gli interventi di difesa.
Nel Veneto Orientale la viticoltura biologica ha fatto breccia da trent’anni e le aziende che praticano questa forma di coltivazione sono numerose.
Nell’ultimo biennio si vanno diffondendo forme di certificazione volontaria, ad esempio quella che consente di utilizzare in etichetta il marchio SQNPI che certifica le produzioni da agricoltura integrata.
Interessante vedere come recentemente vengano riscoperte tecniche agronomiche relegate a vecchi testi di agronomia: ad esempio la tecnica del sovescio che consiste nel seminare un mix di essenze (soprattutto leguminose) che, a maturazione, vengono sfalciate e interrate per apportatore al terreno sostanza organica ed azoto senza usare concimi chimici.
Vi è poi un argomento ancora misconosciuto: quello dei vitigni resistenti o comunque tolleranti, alla peronospora, all’oidio malattie che troppo spesso insidiano le coltivazioni. Nulla di transgenico. Si tratta di incroci di decima generazione con viti selvatiche che donano il loro patrimonio genetico di resistenza. “Dobbiamo guardare avanti” afferma il viticoltore Andrea Gasparini che insieme ai figli giovani ventenni ma già “del mestiere” Erika e Marco stanno seguendo con passione 20 ettari di vigneto nel Meolese. “La nostra forza consiste nel coltivare vitigni autoctoni e guardare al futuro preservandole da insidie e malattie con l’aiuto della ricerca”. Queste viti, molte delle quali già iscritte a catalogo nazionale e regionale, richiedono solo tre – quattro trattamenti di difesa e quindi quasi a zero impatto ambientale. L’esito è di vini buoni e la loro coltivazione si sta diffondendo. “Ora è necessario generare una massa critica che ne permetta la promozione e la diffusione” aggiunge Giovanni Pasquali direttore di Coldiretti Venezia - presto ne parleremo diffusamente anche grazie ad una specifica collaborazione della nostra associazione con il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura) con cui si approfondiranno questi temi innovativi per le aziende vitivinicole e non solo.”
14 Settembre 2019
BIODIVERSITA’ E PASSIONE PER LA VITICOLTURA VENEZIANA
