29 Marzo 2019
Vendita diretta e imprenditori agricoli

Vendita diretta e imprenditori agricoli

La legge di Bilancio 2019 ha introdotto il comma 1-bis all’art. 4 del d.lgs. 228/2001, conseguentemente, l’imprenditore agricolo potrà “commercializzare”, in misura non prevalente, anche prodotti agricoli appartenenti a comparti agronomici differenti dal proprio, purché siano acquistati da altri imprenditori agricoli.

In virtù della nuova norma si pongono i seguenti quesiti:
1.     per la commercializzazione dei suddetti prodotti, l’imprenditore agricolo dovrà richiedere una licenza commerciale di cui al d.LGS. 114/1998 ?
2.     se l’attività commerciale è svolta in misura non prevalente da una società semplice agricola, quali sono le conseguenze civilistiche ?

D’intesa con il Servizio Legale Confederale, forniamo di seguito le risposte ai quesiti posti:

L’introduzione del nuovo comma 1-bis all’art. 4 del d.lgs. n. 228/2001 ha l’obiettivo di valorizzare il rapporto tra imprenditori agricoli e consumatori attraverso una maggiore trasparenza sull'origine dei prodotti agricoli oggetto di vendita ed intende disciplinare specificamente l'ipotesi in cui l'imprenditore agricolo, fermo restando l'obbligo di vendere prevalentemente prodotti di provenienza aziendale, proceda alla vendita di prodotti agricoli ed alimentari appartenenti a comparti agronomici diversi da quelli realizzati nella propria azienda.
Non si tratta, dunque, di un ampliamento del novero dei prodotti vendibili in modalità di vendita diretta da parte dell’imprenditore agricolo, atteso che in forza del combinato disposto dell’articolo 2135 del codice civile e dell’articolo 4, comma 1, del citato d.lgs. n. 228 è fin dal 2001 consentito all’imprenditore agricolo vendere direttamente prodotti agricoli da egli stesso previamente acquistati, a condizione che sia rispettato il criterio della prevalenza dei prodotti di provenienza aziendale.

La novità legislativa intende, invece, delimitare l’ambito dei soggetti da cui l’imprenditore agricolo può reperire i prodotti da vendere direttamente quando si tratti di prodotti agricoli ed alimentari appartenenti a comparti agronomici diversi da quelli di provenienza aziendale. In tal caso, infatti, dal 1° gennaio 2019 detti prodotti per poter formare oggetto di vendita diretta dovranno essere acquistati soltanto da altri imprenditori agricoli e non anche, dunque, attraverso altri canali commerciali (es. mercati generali; imprese del settore commercio; ecc.) e fatto salvo, comunque, l’obbligo di rispettare il predetto criterio della prevalenza.
Conseguentemente, l’intervento normativo in esame non modifica, sul piano della disciplina amministrativa, quanto già previsto prima del 1° gennaio 2019 dall’articolo 4 cit., per cui l’imprenditore agricolo interessato all’esercizio della vendita diretta, sempreché rispetti quanto previsto dallo stesso articolo 4, come innovato dalla legge di bilancio per il 2019, resta sottratto alla disciplina in materia di commercio di cui al d.lgs. n. 114 del 1998 dovendo unicamente assolvere all’obbligo di comunicazione di inizio attività secondo le diverse modalità previste dal medesimo articolo 4.
Occorre, altresì, prestare attenzione alla condizione prescritta dal comma 8 dell’articolo 4 in parola secondo cui: “Qualora l'ammontare dei ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti non provenienti dalle rispettive aziende nell'anno solare precedente sia superiore a 160.000 euro per gli imprenditori individuali ovvero a 4 milioni di euro per le società, si applicano le disposizioni del citato decreto legislativo n. 114 del 1998”. 

Per quanto concerne, il quesito di cui al punto 2), in base alla normativa civilistica si rappresenta quanto segue:
l’articolo 2249 del codice civile stabilisce, al primo comma, che le società che hanno per oggetto l’esercizio di un’attività commerciale devono costituirsi secondo le forme giuridiche disciplinate dai capi III e seguenti del Titolo V (capo III: società in nome collettivo; capo IV: società in accomandita semplice; capo V: società per azioni; capo VI: società in accomandita per azioni; capo VII: società a responsabilità limitata).
Pertanto, le società semplici possono esercitare attività considerate non commerciali sotto il profilo civilistico, come le attività agricole.
Le richiamate disposizioni devono essere lette unitamente a quanto previsto dall’articolo 2135 dello stesso codice civile, che, nel testo riformulato dall’articolo 1, comma 1, del d.lgs. n. 228 del 2001, ha ampliato il concetto di attività agricole, riconoscendo la natura agricola non solo alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura ed all’allevamento di animali, ma anche a talune attività connesse, quali la manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti prevalentemente propri, nonché alla fornitura di beni e servizi mediante l’utilizzo prevalente di attrezzature o risorse normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata.
In base alla nozione civilistica, che risulta più ampia rispetto a quella fiscale di cui all’articolo 32 del TUIR, si deve riconoscere la natura agricola all’attività di commercializzazione anche di prodotti acquistati da terzi, a condizione che questi ultimi non risultino prevalenti rispetto a quelli di propria produzione.
Pertanto, le società semplici agricole, nei limiti sopra indicati, possono esercitare l’attività di commercializzazione dei prodotti acquistati da terzi senza perdere la qualifica civilistica di impresa agricola.

Restiamo a disposizione per eventuali chiarimenti.

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